L’Arca

L’Arca

L’arca resta allegoricamente ideale ritrovo di persone che si salvano unite nel pericolo, serbando con le vite i loro valori; come raccolta di esseri affini, anche di opere che vengono a costituire un tesoro; l’arca custodirà la Torà e sarà portata dai suoi fedeli; il cesto di vimini, piccola arca, conterrà e salverà il bambino Mosè nelle acque del Nilo; simile ad un’arca, la balena raccoglierà il profeta Giona salvandolo dalle acque, quando i marinai, a malincuore, ve lo gettano per far cessare la tempesta, e la stessa nave, diretta a Tarshish, su cui il riluttante profeta si era imbarcato, è immaginata dal midrash (l’indagine esegetica dei testi sacri ebraici) come sorta di un’arca plurietnica con rappresentanti dei settanta popoli. Alberto Cavaglion, nel libro Ebrei senza saperlo, esprime il senso dell’arca nel riunire idealmente un ambiente intellettuale e spirituale di fermenti, personaggi, libri su linee di discorso e di affinità. Arride, infine, l’idea dell’arca che raccoglie tutte le edot (comunità, etnie) e tutte le correnti dell’Am Israel, che abbiano il senso della ahavat (=amore) Israel, amore di Israele.
Richiami a Noè sono nel Nuovo Testamento, anzitutto come figura tipologica e anticipatrice di Jeshua. Uno dei riferimenti è nella prima lettera di Pietro, dove otto persone, la famiglia di Noè, si salvano nell’arca che avanza nell’acqua, come poi avrebbe salvato l’acqua del battesimo.

Una letteraria difesa di Cam è venuta da Augusto Bachi sulla “Rassegna Mensile di Israel” di dicembre 1955: «Per giustificare il furore con cui mi avete punito, mi avete dipinto come un malizioso impertinente e, giocando su doppi sensi, avete descritto la mia colpa come volgare e sconcia. .. Foste voi, non io, ad offendere nostro padre, foste voi, non io, a narrare che era colpito da ubriachezza indecente. Voi credete di nobilitarvi con la storia del vostro camminare a ritroso per stendere il velo. Fratelli miei, non dimenticate che noi eravamo allora vecchi di trecento anni e che avevamo visto orribili cose quali a nessuna altra generazione fu dato vedere. Con simile fardello sulle spalle non si ride certo per il solo vedere un corpo ignudo. Certo le monacelle inorridiscono al pensiero della mia colpa ed ammirano voi che camminaste a ritroso …Eravamo da poco tempo usciti dall’arca quando nostro padre si diede a coltivare la terra. Con preoccupazione io vedevo le sue membra infiacchite dai secoli a sforzarsi a rompere le zolle intonse. .. Dall’espressione del suo volto, dal sospiro del suo petto io credetti di capire che egli cercasse in quella fatica che stancava e mortificava il corpo qualcosa che alleggerisse l’animo distraendolo da foschi pensieri … Il vino veniva ad assumere la funzione di sedare i nervi e portare l’oblio…Ora avvenne quel giorno che più dell’usato egli bevesse del frizzante liquore, perché più tristi ed inquieti erano stati i suoi pensieri». Cam reca in sé l’impressione dei propri simili non salvati dal diluvio. Se ne fa molto scrupolo ed attribuisce allo stesso padre il dolore e il rimpianto nel vedere il disperato sforzo dei contemporanei per sfuggire all’annegamento: «Le acque salivano sempre più in alto e le forze degli uomini si esaurivano. Si udiva qualcuno lanciato a nuoto verso di noi, battere con disperata furia contro le pareti dell’arca, invocando che gli si gettasse una corda e invano cercando sulla lucida pece un appiglio, sino a che l’urlo di invocazione diveniva un fioco rantolo, presto smorzato dal gorgoglio dell’acqua». Cam era stato tentato, per pietà, di far salire persone a bordo, magari facendo uscire l’elefante e il leone, ma il padre lo fermò per obbedienza al disegno divino. «Triste e lenta cominciò a scorrere la vita, hai troppo lunga e troppo lenta, dopo che noi uscimmo dall’arca». Cam si chiedeva se la propria famiglia fosse veramente l’unica degna di sopravvivere.

La divisione dei sommersi e dei salvati nel diluvio universale è resa dalla pittura di Paolo Uccello (1397-1475) nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella in Firenze con due vedute in simmetriche lunette: da un lato i disperati che si aggrappano all’arca, dall’altro l’uscita dei salvati dall’arca per toccare la ritrovata terra. Nella lunetta dei sommersi compare un uomo a cavallo, il cavallo tiene a stento la testa fuori dell’acqua. I sommersi e i salvati si intitola un congruo libro di Primo Levi

Paolo Uccello, Diluvio e arca galleggiante sull’acqua, Ciclo di affreschi dell’Antico Testamento sulla Genesi nel chiostro di Santa Maria Novella a Firenze, scena della lunetta, 1446-1448

Tratto dai commenti settimanali biblici del Prof. Bruno Di Porto.

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